La battaglia per il dopo di noi: in Toscana qualcosa si muove
28-08-2014 15:16 - Archivio
FIRENZE. "Il nostro impegno nasce dalle ansie che proviamo quando in casa c´è una persona con disabilità intellettiva, specie se grave. Con grande sacrificio e amore li accudiamo, ma quando si chiudono gli occhi dei genitori?". Patrizia Frilli è presidente dal 1995 dell´associazione "CUI I Ragazzi del Sole" che opera nelle zone del nordovest della Toscana e di Firenze, l´associazione ha sede a Scandicci. La sua è una storia di grande impegno personale: insieme a tante altre persone che accudiscono ragazzi e ragazze con disabilità porta avanti in Toscana una battaglia per il "durante e dopo di noi".
"Porto semplicemente la mia voce, serena e diretta, dove vengo chiamata. Perché c´è ancora molto da fare".
Patrizia, quali sono i cambiamenti degli ultimi anni nelle famiglie e nella società italiana che hanno portato all´emergere del tema del dopo di noi?
Fino ad oggi i Comuni hanno sempre dato risposte ad emergenze collocando le persone con disabilità rimaste sole in residenze assistite per anziani. A 50 anni i nostri ragazzi si trovano catapultati in questi contesti assolutamente inadeguati. Noi ci stiamo ribellando a tali soluzioni che, oltre ad essere umanamente inaccettabili, comportano costi altissimi. I percorsi del dopo di noi vanno preparati insieme: associazioni e istituzioni ad ogni livello. Non vogliamo che i nostri figli vengano sistemati in palazzi di vetro, ma in situazioni anche semplici, ma socializzanti. Questo è il motivo per cui le associazioni si uniscono; insieme abbiamo più forza. Non vogliamo residenze di 50-60 persone che diventano ghetti. I Comuni hanno il dovere di attrezzarsi, anche usando immobili che possiedono e sono inutilizzati. Il futuro ci dice che avremo sempre più ragazzi da sistemare prima che i genitori li lascino soli.
In Toscana avete creato un coordinamento regionale con più di 40 associazioni per avere più forza e parlare con una voce sola. Quali sono i vostri obiettivi?
Grazie al sostegno del Cesvot, il Centro Servizi del Volontariato della Toscana, abbiamo avuto l´opportunità di incontrare molte associazioni. Ognuna di queste ha una sua storia. Abbiamo capito che molte lavoravano da tempo a percorsi del "durante e del dopo di noi"; perciò abbiamo avviato un cammino che ha portato prima alla creazione di un coordinamento, con una piattaforma programmatica e con degli obiettivi specifici, e adesso alla Associazione di Associazioni "Di Poi". Il nostro obiettivo primario è fare in modo che le istituzioni recepiscano il forte valore del volontariato, delle esperienze in atto e valutino le politiche, le leggi, i regolamenti, tenendo conto dei problemi veri e delle soluzioni possibili. In tutti i tavoli dove si parla di disabilità chiediamo con forza che sia ascoltata la nostra voce, perché siamo noi che viviamo queste situazioni e insieme alle istituzioni vogliamo tutelare i disabili per creargli in futuro una migliore qualità della vita.
Quale tipo di visione cercate di dare alle istituzioni per portarle a dare risposte più efficaci?
Un disabile a 65 anni smette di essere etichettato come "disabile" e viene inserito fra gli "anziani non autosufficienti". L´attuale normativa prevede che il disabile a 65 anni sia tolto dalla sua sistemazione (residenza per disabili) e catapultato in una RSA con altri anziani. Questo modo di operare riteniamo sia assolutamente sbagliato. Infatti, le persone disabili hanno sempre bisogno di un forte aspetto relazionale e affettivo e di stimoli continui poiché è difficile per loro adattarsi a nuove situazioni. L´associazione DiPoi ha avuto di recente alcuni incontri con la Regione Toscana chiedendo che siano riviste le normative inerenti le strutture per il "dopo di noi". Il disabile ha necessità che si dia un aspetto più socializzante piuttosto che prettamente sanitario alle strutture che lo ospiteranno. Per esempio, la residenza deve avere più un aspetto di famiglia piuttosto che di corsia ospedaliera, che comporta vincoli sia di costruzione che di gestione. Di recente la Regione Toscana ha deliberato un avviso pubblico a presentare manifestazioni di interesse alla attivazione di progetti sperimentali innovativi in materia di percorsi assistenziali anche per la disabilità. Questi primi risultati, pur fra mille difficoltà, ci confortano. Le indicazioni fornite dal DiPoi alla Regione sembra siano state recepite nella maniera giusta.
Ma esiste una buona pratica unica, una soluzione giusta da replicare ovunque?
Secondo noi una risposta adeguata per dare risposta alle famiglie per il "dopo di noi" è la Fondazione di partecipazione. A livello nazionale sono nate molte fondazioni composte da famiglie. Ogni territorio ha una sua realtà. In Toscana sono ancora poche le fondazioni esistenti. Alcuni anni fa il Sant´Anna di Pisa, su commissione della Regione Toscana, elaborò una bozza per la creazione di fondazioni di partecipazione. In questa bozza di statuto era prevista nel cda la presenza di famiglie, associazioni e istituzioni, con prevalenza delle famiglie, poiché sono loro che si impegneranno a lasciare beni e risparmi per la tutela dei loro figli. Ancora oggi non ci sono delle linee guida al riguardo. Esistono anche fondazioni di partecipazione con consigli di amministrazione composti a maggioranza pubblica. Crediamo che la Regione Toscana debba esprimersi chiaramente su questo tema che, secondo noi, è il mezzo migliore per tutelare i disabili e le loro famiglie.
In definitiva cosa può fare il pubblico per dare risposte efficaci?
A livello nazionale ci sono molte leggi che sono rimaste sulla carta da tempo. La legge 104 risale al 1992, più di 20 anni fa. Le istituzioni, basti guardare la legge 328, stentano ancora a considerare come dovrebbe funzionare il non profit dove si trovano moltissime risorse. L´associazione CUI I Ragazzi del Sole, che attualmente rappresento, svolge molte attività: abbiamo attivato un numero verde che serve a facilitare l´accesso dei disabili alla sanità, gestiamo due immobili per il "durante noi", forniamo assistenza e informazione alle famiglie. Inoltre abbiamo in cantiere alcuni progetti che si realizzeranno assieme ad altre associazioni del territorio. Non ci sogniamo di sostituirci agli enti pubblici; però molte volte, purtroppo, i Comuni per vari motivi sono incapaci di dare risposte giuste e tempestive. Tante parole vengono spese; le istituzioni dovrebbero fare in modo che non rimanga solo sulla carta quello che viene scritto, ma venga anche attuato. La famiglia è una risorsa in tutti sensi, ma va ascoltata e sostenuta. Gli enti pubblici, in sostanza, devono dare più importanza e di conseguenza più forza alle associazioni di volontariato perché è lì che si trovano le maggiori risorse per dare un futuro più sereno ai disabili.
@giulsens
Fonte: volontariatoggi.info
"Porto semplicemente la mia voce, serena e diretta, dove vengo chiamata. Perché c´è ancora molto da fare".
Patrizia, quali sono i cambiamenti degli ultimi anni nelle famiglie e nella società italiana che hanno portato all´emergere del tema del dopo di noi?
Fino ad oggi i Comuni hanno sempre dato risposte ad emergenze collocando le persone con disabilità rimaste sole in residenze assistite per anziani. A 50 anni i nostri ragazzi si trovano catapultati in questi contesti assolutamente inadeguati. Noi ci stiamo ribellando a tali soluzioni che, oltre ad essere umanamente inaccettabili, comportano costi altissimi. I percorsi del dopo di noi vanno preparati insieme: associazioni e istituzioni ad ogni livello. Non vogliamo che i nostri figli vengano sistemati in palazzi di vetro, ma in situazioni anche semplici, ma socializzanti. Questo è il motivo per cui le associazioni si uniscono; insieme abbiamo più forza. Non vogliamo residenze di 50-60 persone che diventano ghetti. I Comuni hanno il dovere di attrezzarsi, anche usando immobili che possiedono e sono inutilizzati. Il futuro ci dice che avremo sempre più ragazzi da sistemare prima che i genitori li lascino soli.
In Toscana avete creato un coordinamento regionale con più di 40 associazioni per avere più forza e parlare con una voce sola. Quali sono i vostri obiettivi?
Grazie al sostegno del Cesvot, il Centro Servizi del Volontariato della Toscana, abbiamo avuto l´opportunità di incontrare molte associazioni. Ognuna di queste ha una sua storia. Abbiamo capito che molte lavoravano da tempo a percorsi del "durante e del dopo di noi"; perciò abbiamo avviato un cammino che ha portato prima alla creazione di un coordinamento, con una piattaforma programmatica e con degli obiettivi specifici, e adesso alla Associazione di Associazioni "Di Poi". Il nostro obiettivo primario è fare in modo che le istituzioni recepiscano il forte valore del volontariato, delle esperienze in atto e valutino le politiche, le leggi, i regolamenti, tenendo conto dei problemi veri e delle soluzioni possibili. In tutti i tavoli dove si parla di disabilità chiediamo con forza che sia ascoltata la nostra voce, perché siamo noi che viviamo queste situazioni e insieme alle istituzioni vogliamo tutelare i disabili per creargli in futuro una migliore qualità della vita.
Quale tipo di visione cercate di dare alle istituzioni per portarle a dare risposte più efficaci?
Un disabile a 65 anni smette di essere etichettato come "disabile" e viene inserito fra gli "anziani non autosufficienti". L´attuale normativa prevede che il disabile a 65 anni sia tolto dalla sua sistemazione (residenza per disabili) e catapultato in una RSA con altri anziani. Questo modo di operare riteniamo sia assolutamente sbagliato. Infatti, le persone disabili hanno sempre bisogno di un forte aspetto relazionale e affettivo e di stimoli continui poiché è difficile per loro adattarsi a nuove situazioni. L´associazione DiPoi ha avuto di recente alcuni incontri con la Regione Toscana chiedendo che siano riviste le normative inerenti le strutture per il "dopo di noi". Il disabile ha necessità che si dia un aspetto più socializzante piuttosto che prettamente sanitario alle strutture che lo ospiteranno. Per esempio, la residenza deve avere più un aspetto di famiglia piuttosto che di corsia ospedaliera, che comporta vincoli sia di costruzione che di gestione. Di recente la Regione Toscana ha deliberato un avviso pubblico a presentare manifestazioni di interesse alla attivazione di progetti sperimentali innovativi in materia di percorsi assistenziali anche per la disabilità. Questi primi risultati, pur fra mille difficoltà, ci confortano. Le indicazioni fornite dal DiPoi alla Regione sembra siano state recepite nella maniera giusta.
Ma esiste una buona pratica unica, una soluzione giusta da replicare ovunque?
Secondo noi una risposta adeguata per dare risposta alle famiglie per il "dopo di noi" è la Fondazione di partecipazione. A livello nazionale sono nate molte fondazioni composte da famiglie. Ogni territorio ha una sua realtà. In Toscana sono ancora poche le fondazioni esistenti. Alcuni anni fa il Sant´Anna di Pisa, su commissione della Regione Toscana, elaborò una bozza per la creazione di fondazioni di partecipazione. In questa bozza di statuto era prevista nel cda la presenza di famiglie, associazioni e istituzioni, con prevalenza delle famiglie, poiché sono loro che si impegneranno a lasciare beni e risparmi per la tutela dei loro figli. Ancora oggi non ci sono delle linee guida al riguardo. Esistono anche fondazioni di partecipazione con consigli di amministrazione composti a maggioranza pubblica. Crediamo che la Regione Toscana debba esprimersi chiaramente su questo tema che, secondo noi, è il mezzo migliore per tutelare i disabili e le loro famiglie.
In definitiva cosa può fare il pubblico per dare risposte efficaci?
A livello nazionale ci sono molte leggi che sono rimaste sulla carta da tempo. La legge 104 risale al 1992, più di 20 anni fa. Le istituzioni, basti guardare la legge 328, stentano ancora a considerare come dovrebbe funzionare il non profit dove si trovano moltissime risorse. L´associazione CUI I Ragazzi del Sole, che attualmente rappresento, svolge molte attività: abbiamo attivato un numero verde che serve a facilitare l´accesso dei disabili alla sanità, gestiamo due immobili per il "durante noi", forniamo assistenza e informazione alle famiglie. Inoltre abbiamo in cantiere alcuni progetti che si realizzeranno assieme ad altre associazioni del territorio. Non ci sogniamo di sostituirci agli enti pubblici; però molte volte, purtroppo, i Comuni per vari motivi sono incapaci di dare risposte giuste e tempestive. Tante parole vengono spese; le istituzioni dovrebbero fare in modo che non rimanga solo sulla carta quello che viene scritto, ma venga anche attuato. La famiglia è una risorsa in tutti sensi, ma va ascoltata e sostenuta. Gli enti pubblici, in sostanza, devono dare più importanza e di conseguenza più forza alle associazioni di volontariato perché è lì che si trovano le maggiori risorse per dare un futuro più sereno ai disabili.
@giulsens
Fonte: volontariatoggi.info
http://www.volontariatoggi.info/la-battaglia-per-il-dopo-di-noi-in-toscana-qualcosa-si-muove/