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Donna ipovedente esclusa da un viaggio organizzato: «potrebbe rallentare il gruppo»

12-07-2024 14:38 - News
La spiaggia della baia di Pugnochiuso, in provincia di Foggia, da cui si intravede una parte del Parco Nazionale del Gargano (dal web).
Pugnochiuso è una baia del Parco Nazionale del Gargano, in provincia di Foggia. Un’insegnante ipovedente prenota per trascorrere una settimana di vacanza nell’incantevole località pugliese, ma qualcosa non va per il verso giusto. L’agenzia di viaggi decide al posto suo che quel viaggio non è adatto a lei. «Ho trovato questa situazione discriminatoria e svalutante», osserva la donna, che ha scelto di rendere pubblica la vicenda.
La spiaggia della baia di Pugnochiuso, in provincia di Foggia, da cui si intravede una parte del Parco Nazionale del Gargano (dal web).

Pugnochiuso è una baia del Parco Nazionale del Gargano, in provincia di Foggia. La signora Maria (nome di fantasia) è un’insegnante ipovedente di quarant’anni che vive sola ed ha deciso di trascorrere una settimana di vacanza nell’incantevole località pugliese, ma qualcosa non va per il verso giusto.

A raccontarci questa storia è la giornalista Silvia Tozzi. Tozzi spiega che Maria ha prenotato un viaggio di gruppo, indicato per persone single tra i 30 e i 50 anni, organizzato dall’agenzia Vamonos (se ne legga a questo link), scoprendo solo al momento di versare la caparra la seguente clausola: «il viaggio è fortemente sconsigliato a persone con difficoltà motorie». Infatti la comunicazione appare solo al momento di versare l’acconto, non all’atto dell’iscrizione al viaggio.

Quando ha scoperto questa clausola, la signora Maria ha deciso di contattare il call center per essere rassicurata circa la possibilità di partecipare. Infatti la donna cammina un po’ più lentamente della media delle persone, ma non ha difficoltà motorie.

A quel punto l’operatrice ha valutato autonomamente che la signora non avrebbe potuto partecipare al viaggio, perché, ha spiegato, «poi la sera quando si esce per andare nei locali lei rallenterebbe il gruppo e potrebbero esserci delle lamentele».

Non è chiaro quali competenze sanitarie possano vantare le operatrici di un call center per assumersi la responsabilità di decidere se una persona possa o meno svolgere determinate attività, al limite avrebbe potuto illustrare dette attività alla signora Maria, lasciando a lei la possibilità di valutare se partecipare a quelle specifiche iniziative, ed eventualmente se intraprendere comunque il viaggio oppure no. Ma così non è stato. Tuttavia c’è un ulteriore elemento che la signora Maria ha trovato particolarmente offensivo: il fatto che sia stato dato «per scontato che i miei compagni di viaggio sarebbero stati irritati da me e dal mio andare un po’ più piano, credo [che ciò] non deponga neppure a favore dell’opinione che Vamonos ha dei suoi clienti. Chi ha detto che, se cammino lentamente, le persone che faranno il viaggio con me si arrabbieranno e si lamenteranno?».

«Ho trovato questa situazione discriminatoria e svalutante – osserva ancora la signora Maria –. Siamo tutti diversi, e ciascuno ha le sue esigenze, i suoi puntigli, le sue difficoltà e i suoi punti di forza. Mi sono sentita sbagliata, rifiutata, diversa. Mi sono sentita come se, in quanto persona con un deficit, non avessi il diritto di trascorrere una vacanza al mare. Non mi sono iscritta a un viaggio avventura, ma a una vacanza al mare. Qualora si fossero svolte escursioni, avevo già di mio deciso di non prendervi parte. Ma non mi è permesso, a causa del mio deficit, che per Vamonos diventa emblematico di tutto ciò che io sono, andare al mare. Perché cammino lenta».

Un altro elemento di sconcerto per la signora Maria è dato dal fatto che l’informazione discriminatoria non compare tra le informazioni presenti sul sito, ma gli/le clienti scoprono la clausola selettiva solo al momento di versare la caparra. Una cosa abbastanza scorretta. «Un’agenzia non può scrivere una cosa simile – sottolinea la signora –. Comprendo, ovviamente, che non tutti i viaggi siano adatti a tutti, ma faccio notare che l’agenzia WeRoad, ad esempio, riguardo a tutti i suoi viaggi specifica il livello di difficoltà, di modo che ciascuno, in autonomia, comprenda cosa gli sarà richiesto e se è in grado di svolgerlo».

«In effetti – osserva Tozzi –, la maggior parte delle agenzie puntualizza informazioni del tipo: “Questo itinerario ha un livello di impegno fisico INTERMEDIO e il ritmo del viaggio è da considerarsi sostenuto. Sono previsti anche spostamenti di media-lunga durata (dalle 3 alle 6 ore) ed escursioni o trekking che richiedono una buona preparazione fisica. Cambieremo struttura quasi tutti i giorni e ci aspettiamo da te un buon spirito di adattamento. È previsto un minimo di sforzo fisico, per le camminate nella natura, tutte le attività sportive sono facoltative” oppure “Questo itinerario ha un livello di impegno fisico BASSO e il ritmo del viaggio è da considerarsi abbastanza rilassato”».

La considerazione espressa da Tozzi è certamente condivisibile, e la circostanza che esistano agenzie specializzate in viaggi per le persone con disabilità, non autorizza le altre agenzie di viaggi ad essere poco trasparenti nelle comunicazioni, né – ancora meno – a sostituirsi alle persone con disabilità nella valutazione di ciò che sono in grado di fare oppure no.

In conclusione pensiamo sia importante ricordare che l’Italia ha ratificato la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità (Legge 18/2009), nella quale è previsto uno specifico articolo (l’articolo 30) in tema di “Partecipazione alla vita culturale e ricreativa, agli svaghi ed allo sport”, ivi inclusi i servizi turistici. Si tratta di un approccio culturale che, evidentemente, non è ancora condiviso da chi opera in questo àmbito. Dunque ringraziamo la signora Maria e Silvia Tozzi per aver scelto di rendere pubblica questa vicenda, nella speranza che ciò serva a scongiurare ulteriori episodi discriminatori. (Simona Lancioni)
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